Vita come plusvalore. Biotecnologie e capitale al tempo del neoliberismo (La)
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Quali rapporti intercorrono tra politica, economia, scienza e valori culturali nell'epoca del biocapitalismo? Con riferimento agli ultimi quarant'anni, in questo lavoro Melinda Cooper dimostra come la storia delle biotecnologie non possa essere compresa senza tener conto della contestuale ascesa del neoliberismo come fattore politico. Seguendo in particolare gli sviluppi della tecnologia del Dna e le politiche dell'amministrazione del secondo Bush in materia di ricerca sulle cellule staminali, l'autrice ascrive la violenza bellicosa del libero mercato alle sue crescenti contraddizioni interne, alla commercializzazione delle scienze della vita. La rivoluzione biotecnologica ha connesso la produzione economica alla ricerca genetica, microbiologica, cellulare. Partendo dal presupposto che la vita è stata catturata dai circuiti dell'accumulazione capitalistica, Cooper mette in evidenza i rapporti che intercorrono tra pratiche economiche, politiche e sociali. Al centro della nuova economia postindustriale c'è la trasformazione della vita biologica in plusvalore, ovvero la valorizzazione economica della vita nella sua capacità di riproduzione e potenza generativa. Analizzando le politiche della scienza nel periodo reaganiano, la militarizzazione delle biotecnologie, l'imperialismo farmaceutico e il movimento per la vita, l'autrice mette in luce le spinte speculative che hanno animato la crescita della bioeconomia. Introduzione e cura di Angela Balzano, postfazione di Rosi Braidotti.
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