Fra rivolta e controrivoluzione. Violenza popolare e milizie legittimiste in Sicilia (1799-1812)
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Durante la cosiddetta "età rivoluzionaria" anche la Sicilia fu investita dai conflitti seguiti in tutta Europa agli avvenimenti d'oltralpe e dalla frontale contrapposizione fra rivoluzione e controrivoluzione. In tale contesto si mossero i tentativi borbonici d'istituire bande militari simili a quelle sorte nel Mezzogiorno continentale attorno al cardinale Ruffo, corpi di volontari che assunsero il nome di "miliziotti", in grado di utilizzare l'endemico fenomeno delle bande baronali e delle comitive di banditi. La lotta contro i presunti giacobini si tradusse tuttavia ben presto in una caccia a ogni forma di liberalismo e infine in un disordinato attacco a benestanti e nobili, in una vasta sollevazione contro i ricchi. Il governo borbonico dovette quindi inviare appositi commissari per sedare le rivolte finché, nel 1806, si tentò di dar vita a una nuova esperienza, su basi più professionali e sotto il controllo delle tradizionali aristocrazie baronali, ribattezzata «Armata de' volontari siciliani». Malgrado gli sforzi di risolvere in questo modo le questioni emerse con i "miliziotti", insubordinazione e violenze si riproposero nei medesimi termini del 1799.
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