Per l'alto mare aperto. Nei mari dell'immaginazione: Coleridge, Carlyle, Melville, Fenoglio, Mussapi
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Con "La ballata del vecchio marinaio" di Samuel T. Coleridge, capolavoro del Romanticismo, il viaggio per mare (e la bonaccia, l'angoscia, l'attesa dei venti favorevoli) diviene la ricerca estrema del senso, l'avventura capace di restituire pienezza alla vita dell'uomo. Attraverso l'immaginazione, suprema facoltà intellettiva e visionaria, la tradizione anglosassone della letteratura di mare acquista il significato di un'impresa metafisica. I rischi di questa impresa, il naufragio, la perdita nel nulla dell'oceano, sono messi in luce nel Sartor Resartus di Thomas Carlyle, scozzese, romantico "forte" e legato a una visione sacra del destino. Ma è in Moby-Dick di Herman Melville, poema e romanzo, trattato sapienziale e libro sacro, che il mare si configura come il luogo estremo della ricerca metafisica. Questa grande lezione trova la sua ideale continuazione, in pieno Novecento, in Italia, dove se ne appropriano dapprima Beppe Fenoglio, che trasforma metaforicamente la Langa in un oceano, teatro di una guerra partigiana che è avventura verso la rigenerazione del senso, e poi Roberto Mussapi, che nella sua poesia scende alle scaturigini della persona, dove l'immaginazione gioca un ruolo cruciale come tensione e apertura alla novità e alla meraviglia dell'Altro.
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