Visioni e artefici del futuro. I protagonisti del Novecento raccontano
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«Se rinascessi vorrei essere della generazione Z perché un problema più complicato richiede più energia, più conoscenze, più scienza, ma soprattutto più pensiero». Come vedono il futuro i protagonisti della generazione della ricostruzione, nati fra il 1926 e il 1945? E, soprattutto, quale futuro vedono per i ragazzi della generazione Z, già nati in questo millennio? Se è vero che «chi dimentica il proprio passato è condannato a riviverlo», come diceva Primo Levi, mentre il mondo è dilaniato da guerre, le frontiere tornano a erigersi e i pregiudizi infuriano, riusciranno i giovani ad affrontare le nuove problematiche: degenerazione dell'ambiente, tecnologie invasive, crisi delle democrazie? Laura Bajardelli e Camillo de Milato lo hanno chiesto a illustri esponenti della società civile che hanno già vissuto una ricostruzione, quella su cui si fonda il benessere di cui godiamo oggi. Le risposte che si potrebbero pensare «fuori moda» sono al tempo stesso sorprendenti e confortanti. Perché il futuro non è morto, a volerlo affrontare e sostenere. Ma va costruito, al di là dei timori, delle inerzie, dei pregiudizi e del pessimismo.
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