Hanno ucciso «Charlie Hebdo». Il terrorismo e la resa dell'Occidente: la libertà di espressione è finita
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19,52 €
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7 gennaio 2015: un commando di terroristi islamici fa irruzione nella redazione parigina di "Charlie Hebdo" e uccide otto fra giornalisti e vignettisti. 13 novembre 2015: un commando di kamikaze fa strage nei locali notturni della capitale francese, causando 129 morti. Perché Parigi? Perché è la città delle vignette su Maometto e di "Soumission" di Michel Houellebecq. La grande manifestazione "Je suis Charlie" dell'11 gennaio 2015 è stata una dimostrazione di solidarietà che ha impressionato tutti e però ha anche trasmesso un'impressione fuorviante. Come se da una parte ci fosse il mondo libero unito nel sostegno alla libertà di espressione, e dall'altra una manciata di estremisti islamici che si oppone alla libertà e a "tutto ciò che ci è più caro". Ben presto è apparso chiaro che la minaccia alla libertà non veniva soltanto dai barbari alle porte, ma anche dall'interno della stessa cittadella della civiltà. I giornalisti di "Charlie" erano stati abbandonati, demonizzati, messi sotto scorta e infine processati in quella capitale dei valori europei che è Parigi. Gran parte del giornalismo e della letteratura in Europa non è mai stato "Charlie". Questo libro ripercorre per la prima volta la "guerra dei trent'anni" sulla libertà di espressione e l'islam. Una guerra iniziata con "I versi satanici" di Salman Rushdie, proseguita con l'affaire delle vignette in Danimarca e culminata nel massacro a "Charlie Hebdo". Le vittime sono state vignettisti, giornalisti, scrittori, artisti, traduttori...
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