Lessico della violenza nella Germania nazista. L'uso delle parole come strumento di propaganda, persuasione e sopraffazione nel
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"La lingua è la madre, non la figlia del pensiero", scriveva nel 1933 lo scrittore austriaco Karl Kraus. Prima del suo dispiegamento totale e radicale, la violenza nazista si è servita di una macchina di propaganda che ha avuto un formidabile successo nel crearsi un consenso e un'adesione di massa per i futuri crimini. L'efficienza di questo condizionamento su larga scala è consistito principalmente nell'uso e nella trasformazione delle parole, attraverso la deviazione, voluta e ricercata, dei significati correnti, per mezzo di processi metaforici, spesso ironizzanti, a fini di strumentalizzazione politica e propagandistica. Il bersaglio di questa violenza psicologica-lessicale sono stati gli avversari politici, i dissidenti, gli ebrei, i presunti diversi e le fasce sociali considerate deboli e quindi da eliminare. Aldo Enzi ha raccolto, ordinato e interpretato, dal punto di vista ora semantico, ora etimologico, ora psicologico, un ricco materiale, offrendo così al lettore non solo un repertorio utile per una più esatta e profonda comprensione dei testi dell'epoca, ma anche una raccolta fondamentale per ogni indagine di carattere storico-linguistico, psicologico e politologico. Se si volge lo sguardo alla propaganda politica di oggi, ai contemporanei movimenti xenofobi e populisti e al loro uso medaticamente spregiudicato e mistificatorio delle parole, questo studio rivela una sconcertante attualità.
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